Trasparenza e consumo responsabile. Sono queste le parole d’ordine dell’iniziativa promossa da Legambiente in collaborazione con IEFE-Bocconi e Ambiente Italia e con il patrocinio del Ministero dell’Ambiente. Un’etichettatura dei prodotti che non elenchi solo gli ingredienti contenuti all’interno del prodotto, ma che ci informi sull’impatto ambientale di cui questi prodotti sono responsabili, che dica qual è l’impronta degli articoli in termini d’inquinamento e di emissioni di CO2 durante tutto il ciclo di vita, dalla produzione fino allo smaltimento.

Si chiama Etichetta per il Clima e consente alle aziende che aderiscono all’iniziativa di poter tracciare i propri prodotti fornendo al consumatore un chiaro dato numerico su quanto quel prodotto incide sull’ambiente.
“In Europa e nel mondo questo genere di attività è già in forte espansione”, commenta Andrea Poggio, presidente della Fondazione Legambiente Innovazione, “in Inghilterra, ad esempio, tramite la Carbon Footprint, sono già oltre 25 mila i prodotti tracciati, oltre 10 mila negli Stati Uniti, la Francia ha siglato un accordo con la grande distribuzione affinché si prosegua con questa grande politica di trasparenza e di innovazione”. “In Italia ci stiamo muovendo”, prosegue Poggio, “sia noi di Legambiente, ma anche il Ministero dell’Ambiente, ma non è ancora abbastanza”.

Sul sito www.viviconstile.org, infatti, sono catalogate un centinaio di aziende con relativi prodotti: dalle passate di pomodori, alle stampanti, ai televisori, ai meloni, fino ai crackers, ma anche i menu completi. “Scopriamo così – dichiara Andrea Poggio – che il menu vegetariano proposto dall’Agriturismo Il Campagnino costa all’ambiente 1.060 grammi di CO2, mentre il menu di carne ben 8.350 grammi, otto volte di più. Di fianco al prezzo, potrebbe dunque comparire su qualsiasi prodotto, anche il costo ambientale. E’ quello che ha fatto Legambiente con l’istituto Ambiente Italia, scoprendo così le emissioni di CO2 di diversi articoli, tra cui lampadine, passate di pomodoro, stampa di carta, meloni, adesivi per parquet, biscotti e imballaggi. Con queste aziende, inoltre, siamo stati pionieri della prima comunicazione ambientale sul prodotto rivolta al consumatore finale”.

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Come si fa ad essere credibili? “Ci mettiamo la faccia noi di Legambiente, attraverso studi scientifici fatti dall’istituto Ambiente Italia, ma tutto il ciclo di misurazione può essere osservato leggendo la scheda che accompagna ogni etichetta di prodotto. Ogni momento di vita, dalla produzione del prodotto all’impatto di utilizzo fino allo smaltimento finale viene illustrato e raccontato dall’azienda ed è consultabile sul sito” dice ancora Poggio. “Chiediamo al ministro Clini di fornirci un sistema di regole certo attraverso il quale sia più facile operare ed orientarci”.

“Sono sempre più numerosi i cittadini che presterebbero attenzione ad un indicatore sintetico, un voto, un giudizio sulle conseguenze ambientali delle proprie scelte di consumo e della fruizione di servizi – ha ribadito Vittorio Cogliati Dezza, presidente di Legambiente. “Le aziende si assumano quindi la responsabilità di misurare l’impatto dei propri prodotti e di dichiararlo in un modo verificabile, così i cittadini che scelgono sulla base di tali dichiarazioni saranno consapevoli delle conseguenze ambientali che li coinvolgono. In questo modo, le aziende sono stimolate ad innovare le produzioni per renderle più sostenibili e i cittadini a cambiare consumi e stili di vita. E’ questa la green economy in cui crediamo”.